
Bernardo Bertolucci, la storia di un maestro della Settima Arte5 minuti di lettura
“[Il cinema] lo chiamerei semplicemente vita. Non credo di aver mai avuto una vita al di fuori del cinema; e in qualche modo è stato, lo riconosco, una limitazione.”
Così parlava di cinema Bernardo Bertolucci, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico annoverato tra i maggiori cineasti del cinema internazionale. In occasione del quarto anniversario della sua triste dipartita, vogliamo ricordarlo percorrendo un excursus della sua vita, carriera ed opere.
Bertolucci: l’inizio della carriera ed il rapporto con il padre
Nato a Parma il 16 Marzo del 1941, eredita la passione per il cinema dal cugino Giovanni (produttore) e dal fratello Giuseppe (anch’egli regista). Quella che inizialmente sembra una carriera destinata a seguire le orme del padre, poeta, presto cambia direzione a favore di un forte interesse nei confronti del cinema. Abbandona infatti gli studi in lettere da poco intrapresi a La Sapienza di Roma, per dedicarsi interamente ed attivamente ad assistere i lavori del – al tempo ben più noto – Pier Paolo Pasolini, suo vicino di casa.
“Mio padre era un poeta, abbastanza conosciuto in Italia. Insegnava nelle scuole ed era un poeta. Per me è stato naturale iniziare a scrivere poesie. Poi a ventuno anni ho pubblicato un libro, ma già prima di allora Pasolini era un grande amico di mio padre, perché mio padre gli aveva fatto pubblicare il primo romanzo, “Ragazzi di vita”

Afferma Bertolucci durante un’intervista al Corriere Della Sera, nel Gennaio 2017:
“Pasolini si è trasferito nello stesso palazzo in cui abitavamo noi, e un giorno, quando avevo vent’anni, l’ho incontrato davanti la porta e mi ha detto: «Ehi, a te piacciono i film, giusto?» io ho detto di sì, e lui ha continuato: «Perché girerò un film. E voglio che mi fai da assistente alla regia». E io: «Cosa?» «Sì, faccio un film, si chiamerà Accattone”. lo: «Ma Pier Paolo, non ho mai fatto l’aiuto regista”. E lui: «E io non ho mai diretto un film»”
Da qui Bertolucci muove i primi passi da sceneggiatore, al 1956/7 risalgono infatti i primi due cortometraggi da lui realizzati, rispettivamente chiamati “La Teleferica” e “La Morte Del Maiale”, entrambi purtroppo andati perduti.
La partecipazione alla produzione del film “Accattone” non solo gli garantì l’inizio della collaborazione con Pasolini, ma anche l’avvicinamento a Cino Del Duca, imprenditore, editore, produttore cinematografico e filantropo. Ma lavorare su set di produzioni Pasoliniane non garantì a Bertolucci la conoscenza di colleghi e collaboratori nell’ambiente cinematografico, ma anche di Adriana Asti, attrice e doppiatrice, che divenne la sua compagna per diversi anni a seguire.
La carriera di Bertolucci prosegue e con il tempo l’autore inizia a cercare, presto ottenendola, la sua indipendenza dalle produzione di stampo Pasoliniano. Trova una poetica narrativa di stampo del tutto personale, basata sostanzialmente sull’individualità di persone che si trovano di fronte a bruschi cambiamenti del loro mondo e di quello circostante, a livello esistenziale e politico, senza che essi possano o vogliano cercare una risposta concisa.
“Ultimo Tango a Parigi” e gli anni dello scandalo
Nelle pellicole che seguono questo periodo Bertolucci riporta la sua individuale analisi riguardo l’ambiguità esistenziale e politica, ma la vera notorietà internazionale per il regista non arriverà prima del 1972, anno del debutto del suo film più famoso e discusso – nel bene e nel male – “Ultimo Tango A Parigi”. Quello che causò il più controverso caso giudiziario di sempre nel cinema italiano, fino al 1977 fu leader d’incassi: la pellicola narrava le storie di protagonisti (interpretati da Marlon Brando, Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud e Massimo Girotti) rappresentati come outsider, personaggi alla deriva a cui era concesso trovare la libertà solo attraverso la trasgressione.

Le conseguenze della pellicola debuttante in una società ai tempi non pronta alla visione di una traduzione cinematografica di certe tematiche, ebbe gravi riscontri: il film venne infatti ritirato dalla Cassazione il 29 Gennaio 1976, e il regista fu condannato per offesa al comune senso del pudore, accusa per la quale venne privato dei diritti civili per cinque anni, fra cui il diritto di voto. Solo dopo svariati processi d’appello, la pellicola venne dissequestrata nel 1987: ai giorni nostri è liberamente proiettata e distribuita, restaurata in 4K a cura della Cineteca Nazionale e della Cineteca Di Bologna.
Nonostante le controversie che hanno caratterizzato la sua carriera, Bertolucci ha ottenuto diversi riconoscimenti nel tempo: Nel 2007 riceve il Leone D’Oro alla carriera alla Mostra Del Cinema Di Venezia, mentre nel 2011 riceve la Palma D’Oro alla carriera al Festival Di Cannes, oltre ai ben due Oscar ricevuti, premiato dall’Academy nel 1988 per la miglior regia e per la migliore sceneggiatura non originale (entrambi ottenuti per “L’Ultimo Imperatore”).

La poetica di Bertolucci fu rivoluzionaria nella storia del cinema, segnando il distacco dal Cinema Novo e dalla Nouvelle Vague militante, per aprire le porte a dei cult melanconici ed impegnati che contraddistinguono l’intero operato del regista. La sua morte ha segnato la perdita di un gran maestro della Settima Arte, le cui opere senza tempo non verranno mai dimenticate.

