
Le danze folkloriche e “scientifiche” di Béla Bartòk5 minuti di lettura
A più di 70 anni dalla sua morte, Béla Bartòk rimane una delle figure di più grande rilievo nel panorama della composizione colta. Indispensabile fu sia il ruolo svolto all’interno dei movimenti di avanguardia novecenteschi, sia il suo impegno nei confronti della musica popolare.
In Bartòk infatti si riconosce il pioniere dell’etnomusicologia, ovvero quel ramo di ricerca interessato alla tradizione orale e autentica di diverse popolazioni. In particolare, il compositore ungherese si dedicò alla raccolta e all’assimilazione dei repertori musicali folklorici di Ungheria, Slovenia, Romania e Bulgaria. Il suo linguaggio musicale riuscì a mediare in modo scientifico tra dodecafonia atonale, il nuovo slancio neoclassico e il patrimonio autentico e primitivo dei contadini delle sue terre.
La ricerca sui “campi”

Indispensabile per assoluta attendibilità, il fonografo di Edison accompagnò lo studio sul campo del pianista- compositore. Il Maestro utilizzò questo strumento per registrare quei particolare non annotabili: timbri del canto popolare e degli strumenti, effetti, note appena toccate, colori e rapporti di valore non trascrivibili con la notazione occidentale.
Bartòk bussò alla gente di villaggi di tradizione contadina per reperire il loro modo di fare musica, assolutamente differente sia dalla musica colta occidentale, sia da ciò che si etichettava come musica popolare tra le classi elitarie. Per il compositore ungherese la musica contadina rappresentava il prodotto di un istinto primitivo e naturale che poteva verificarsi negli individui non influenzati dalla cultura cittadina; inoltre a questa tradizione orale, necessariamente veniva attribuita l’autenticità autoctona.

Bartòk trattò il materiale arcaico con rigore scientifico, in modo puntuale, razionale e controllato. Riutilizzò melodie e ritmi nei suoi capolavori per diversi strumenti. Conservò la modalità – schemi di intervalli diversi dalla tonalità classica – scale pentatoniche, l’ossessione percussiva della musica magiara.
Tanz Suite per orchestra

Nel 1923, in occasione del del cinquantesimo anniversario della fondazione di Budapest, Bartòk compose la Tancszvit. Il lavoro si snoda in sei movimenti di danze pensati per un’orchestra caratterizzata da fiati e percussioni, tra cui la celesta – strumento apparentemente simile ad un piccolo pianoforte verticale –, campanelli e il tam tam, simile al gong ma dal suono indeterminato.
I sei movimenti del brano sono sei brevi danze, di cui una utilizzata come ritornello costituisce un Leitmotiv. Il compositore realizza questi sei momenti servendosi di melodie ungheresi, valacche, slovacche e arabe; in alcuni momenti ne mescola ritmi e andamenti del canto, in altri rimane più fedele al carattere di una singola tradizione, oppure ne alterna elementi diversi in successione. I temi però non sono citazioni della musica contadina, ma sono scritti dalla mano del Maestro; l’intento era infatti di realizzare una sorta di musica popolare ideale.
Otto improvvisazioni su canti ungheresi
Anche nelle Improvisations on Hungarian Peasant Songs, Op.20 del 1920, Bartòk considera il materiale folklorico di base e quello da lui aggiunto come ugualmente importanti nella struttura dell’opera. In questo lavoro per pianoforte si hanno melodie modali tipiche della musica popolare in unione ad armonie cromatiche proprie della musica di avanguardia. Il connubio tra queste due anime risulta in alcuni momenti dissonante – ad esempio nel secondo movimento – mentre in altri punti i due elementi si supportano a vicenda.
Eseguito da A. Foldes
Per la composizione di quest’opera rimane centrale la ricerca e la catalogazione dell’ispirazione di partenza. Infatti il compositore consegnò all’editore, nel momento della stampa, le trascrizioni delle fonti popolari utilizzate con tanto di localizzazione dell’area di provenienza.
La prima e la quarta improvvisazione hanno origine nelle terre centrali dell’Ungheria, in particolare nella regione di Tolna. Il secondo e il quinto momento sono invece ispirati al folklore popolare di Zala, regione a sud- ovest dell’Ungheria, al confine con Slovenia e Croazia. Le ultime tre canzoni ungheresi invece appartengono alle zone orientali ungheresi, e vennero rilevate da Bartòk degli antichi comitati di Udvarhel, Czik e Szilagy.

