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beethoven op 111
Musica

La Sonata op. 111 di Beethoven: l’omaggio di Thomas Mann5 minuti di lettura

La Sonata in do minore op. 111 è l’ultima sonata del catalogo di Ludwig van Beethoven, composta tra il 1821 e il 1822. Questa composizione rappresenta il termine ultimo della forma sonata classica e il punto di arrivo della sperimentazione compositiva del grande Maestro viennese. L’arte di Beethoven nei due movimenti del brano supera se stessa astraendosi e congedandosi dalla tradizione.

Il finale senza ritorno della Sonata op. 111

beethoven op 111
Ludwig van Beethoven, ritratto

«La sonata era giunta alla sua fine, ed era una fine senza ritorno. E quando diceva “la sonata” non intendeva solo quella, la Sonata in do minore, ma la sonata in generale, come genere e forma artistica tradizionale: la sonata in se stessa era giunta, anzi, era stata condotta alla propria fine, aveva compiuto il suo destino, raggiunto una meta oltre la quale non poteva più procedere, e così si annullava, si dissolveva, prendeva congedo; il cenno di commiato di quel motivo […] era un addio grande quanto la composizione stessa, l’ addio alla sonata.»

Thomas Mann nell’ottavo capitolo del celebre Doctor Faustuts pubblicato nel 1947, regala alcune tra le pagine più emozionanti dell’analisi musicale. La Sonata in do minore si concretizza all’interno del romanzo come elemento funzionale al procedere dello sviluppo narrativo; eppure il quadro riguardante la lezione- concerto di Kretzschmar, restituisce alla storia della musica la Sonata in tutta la sua potenza espressiva e completa chiarezza esplicativa.

mann doctor faustus
T. Mann, Doctor Faustus, 1947
Copertina

Quando Beethoven inizia a comporre quest’ultima sonata, non aveva più alcun riferimento con il concetto formale della sonata classica, dispiegata in tre o quattro movimenti e articolata secondo precise strutture armoniche, stardard ritmici e convenzioni di carattere dei temi scelti e dei generi proposti (allegro in forma-sonata, minuetto, largo, rondò, presto). La Sonata in do minore infatti presenta subito la particolare suddivisione in soli due movimenti. Il primo è caratterizzato da un’introduzione di grave severità, densissima tensione armonica e dalla figura ritmica del doppio puntato.

Primo movimento della Sonata op. 111 di Beethoven, eseguito da D. Barenboim

Il secondo movimento è invece il perno della composizione stessa, elaborata attorno ad un tema apparentemente semplice ed infantile presentato in una serie variegatissima e numerosa di variazioni.

La tragicità del do minore

La scelta della tonalità di do minore, la stessa della Sonata Patetica, è sintomo della percezione musicale di Beethoven rispetto ai suoi contemporanei. La scrittura del Maestro, isolata anche a causa della perdita progressiva dell’udito, si manifesta nella sua proiezione in avanti, nella tensione alla dissoluzione, allo straniamento, con speculazioni prossime alla degenerazione dell’armonia stessa. La tonalità di do minore infatti è legata al concetto di tragico del mondo greco, alla sofferenza e alla sua cura. E questo tormento interiore, segnato anche dal modulo ritmico, emerge anche dalle parole di Thomas Mann:

«(l’arte dell’ultimo Beethoven) si era elevata alle sfere della pura e semplice espressione personale di un Io dolorosamente isolato nell’Assoluto, isolato pure dalla realtà sensibile a causa della perdita dell’udito, principe solitario di un regno di fantasmi. […] In queste realizzazioni l’elemento soggettivo e quello convenzionale, entravano in una nuova relazione reciproca, una relazione segnata dalla morte.»

Il tema dell’Arietta e il commuovente commiato dalla storia

La vera eccezionalità e nucleo della composizione è lo sviluppo del tema dell’Arietta del secondo movimento, che si dilata enormemente fino all’estremo saluto. Beethoven occupa lo spazio compositivo sperimentando tutte le potenzialità del tema con variazioni e contemporaneamente della fuga; attraverso una concezione diversa dell’utilizzo della ripetitività, il compositore plasma il semplice tema iniziale attraverso continue modifiche dei criteri fraseologici.

Il tema dell’Arietta è composto di sole tre note, una croma, una semicroma e una semiminima puntata; un richiamo pieno di sentimento: Re- Sol- Sol. Ma “ciò che successivamente accade a livello ritmico, armonico e contrappuntistico a questo dolce enunciato, a questo tema quieto e melanconico, ciò a cui il Maestro lo consacra e lo condanna […] è, nel vero senso della parola, indefinibile.”

Secondo movimento della Sonata op. 111 di Beethoven, eseguito da D. Barenboim

“C’è un momento in cui il povero motivo, solo e abbandonato, (dopo essere stato sopraffatto dal peso fugato degli accordi) sembra librarsi sulla voragine spalancata di un abisso vertiginoso: un moto di pallida e sublime elevazione, seguito subito dopo da un timoroso contrarsi, da un istantaneo fremito di paura che una cosa simile sia potuta accadere.”

Quando si arriva alla fine però accade qualcosa di ancora più inaspettato che segna indelebilmente la storia della sonata. Il motivo innocente Re- Sol- Sol viene anticipato da un Do diesis: quell’unica modifica, quella nota di appoggio, rappresenta un gesto commuovente, una carezza malinconica, che restituisce spaventosamente alla sfera dell’umano la scansione musicale. Quel do diesis rappresenta “un addio per sempre di una tale soavità da far salire le lacrime agli occhi.”

Diplomata in conservatorio, laureata in lettere, amo le pagine consumate, le gallerie d'arte e le poltroncine dei teatri. Posso però garantire di essere anche una persona simpatica.