
Arrival di Denis Villeneuve: gli alieni e il linguaggio5 minuti di lettura
Prima del recentissimo Dune, il regista Denis Villeneuve in passato ha saputo stupire e intrattenere milioni di spettatori di tutto il mondo con il film Arrival.
Amy Adams e Jeremy Renner sono i protagonisti del film di fantascienza del 2016, presentato a Venezia durante la 73 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.
Distribuito nei cinema italiani dalla Warner Bross. nel gennaio del 2017, Arrival ha ottenuto numerose nomination per i premi internazionali, aggiudicandosi il Premio Oscar per il Miglior montaggio sonoro.
Dal racconto al film
Per la scrittura della sceneggiatura il regista canadese recupera un racconto di fantascienza dello scrittore americano Ted Chiang.
Il racconto è intitolato Storie della tua vita (Stories of Your Life and Others) ed è inserito in una raccolta antologica dell’omonimo titolo ed edito negli Stati Uniti nel 2002.
Villeneuve affiancato da Eric Heisserer nella fase di scrittura, esplora ed inspessisce tale racconto in cui non si parla solo di alieni e di sopravvivenza, ma sopratutto di tempo e di linguaggio.
La storia
Amy Adams interpreta Louise Banks, una linguista americana che insegna all’università ed è reduce dalla morte traumatica della figlia dodicenne a causa di un tumore.

La quotidianità di Louise è però travolta dall’arrivo sulla Terra di misteriose astronavi a forma di uova.
L’esercito americano tenta di stabilire un contatto con queste astronavi, presto rinominate ‘gusci’, ottenendo soltanto alcune registrazioni di suoni apparentemente indecifrabili. Un distaccamento dell’esercito raggiunge Louise, nota come una delle migliori esperte americane di linguistica, con lo scopo di ottenere da lei alcune delucidazioni sulla codifica di quei suoni. Affiancata da un team di scienziati, tra cui il fisico teorico Ian Donnelly (Jeremy Renner), Louise stabilisce un primo incontro conoscitivo con le creature aliene.

Esse riparano all’interno dei ‘gusci’, protette da un muro gassoso e opaco che le separa dagli umani; le creature vengono presto chiamate “eptapodi” per la presenza di sette piedi a forma tentacolare che li rende simili a dei grandi polpi.

Louise è incredula di fronte alle misteriose creature e ben presto scopre che esse non comunicano affatto come gli esseri umani. La loro lingua, come sistema di segni, non procede in modo lineare come la catena di suoni e di parole propria delle lingue umane, ma procede in modo circolare.
Il tempo e come esso viene percepito e vissuto funge qui da vera discriminante.
La linguista intraprende una vera e propria missione di insegnamento, apprendimento e decifrazione: mentre insegna la lingua umana agli eptapodi, Louise impara la loro.Ci troviamo di fronte ad un scambio culturale straordinario, in quanto la lingua degli eptapodi apre le porte della mente di Louise, la quale inizia a percepire i fatti della vita in modo totalmente diverso dal passato.

Ma sullo sfondo incombe una minaccia. Non aliena, ma umana e rappresentata dagli eserciti di altri Paesi che vedono gli eptapodi come un’arma pronta a fare fuoco.
Louise invece riesce a stabilire con loro un legame quasi affettivo. Lei è l’unica che, imparando la lingua ‘eptapode’, instaura un autentico contatto con l’Alterità.

Arrival però sorprende per un evento nella trama che ne capovolge gli esiti. Lo spettatore pensa di sapere come il film possa concludersi ma sul finale viene colto in contropiede.
La regia di Villeneuve e il montaggio infatti scandiscono la storia inserendovi improvvisi flashback che, così fulminei ed abbaglianti, incuriosiscono lo spettatore sempre più. Flashback che potrebbero non essere dei semplici squarci sul passato vissuto e sofferto, ma qualcos’altro.
Arrival: più di un adattamento
Non ci troviamo di fronte all’adattamento di un romanzo, ma all’espansione narrativa di un racconto breve di cui si valorizza un’idea di fondo.
L’idea della connessione tra il tempo e lil linguaggio come sistema di comunicazione profondo. L’idea che ad ogni lingua corrisponda una percezione del tempo differente; di qui, lo stravolgimento della catena passato-presente-futuro.
Arrival lascia letteralmente il ‘segno’ nella mente e nel cuore dello spettatore. Il film di Villeneuve offre un racconto della materia aliena inedito, riflessivo, anti-retorico e quasi rituale: l’incontro con le creature è volutamente ritardato sullo schermo. L’intenzione della regia infatti coincide con la volontà di mostrare l’Alterità non come una minaccia, ma come l’opportunità di una vita diversa.

E la conoscenza di questa nuova vita fa paura. Louise accoglie la paura, la vive nel profondo e la restituisce all’esterno attraverso la nuova lingua che ha iniziato a padroneggiare. Una nuova lingua che è presto diventata uno straordinario ed imprevisto modo di condurre l’esistenza.

